L’antico mestiere del fabbro e l’artigianalità del ferro battuto

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Omero lo descrive come un uomo brutto, con un cattivo carattere, ma una grande forza e la capacità di produrre oggetti in ferro di un’ineguagliabile perfezione. È Efesto, Dio del fuoco adorato ad Atene e in tutte le città della Grecia in cui fossero praticate attività artigianali. Secondo la mitologia la sua fucina si trovava nelle viscere dell’Etna, di cui ne arrossava la cima.

Le lavorazioni industriali, le produzioni seriali e la rapidità delle macchine, hanno messo a rischio l’arte manuale della lavorazione del ferro, i cui gesti, tecniche e strumenti, si sono tramandati per generazioni. Eppure l’anima di Efesto rivive ancora oggi nelle mani di chi dà valore alle antiche tecniche di forgiatura, all’unicità del prodotto finito e al design su misura, come RB Fabbro, ditta fondata nel 1975 alle porte di Bologna, i cui artigiani, con l’ausilio del fuoco, plasmano la materia a colpi di martello sull’incudine, con gesti lenti e precisi.

Con il ferro battuto si realizzano scale interne ed esterne, portoni, ringhiere, cancelli, recinzioni ma anche soppalchi, coperture, gazebi e pensilineOgni esemplare è unico nel suo genere: l’artigianalità non ammette copie esatte e le imperfezioni e differenze non fanno che aggiungere valore al prodotto realizzato a mano.

Non solo elementi architettonici: con il ferro battuto si realizzano anche complementi ed elementi d’arredo come letti, lampade, librerie, tavoli e sedie, talvolta utilizzando gli scarti della lavorazione della carpenteria metallica, come a sottolineare il legame con un mestiere fiorito in un passato in cui non si buttava via nulla e radicato in un presente in cui più che mai siamo chiamati a ridurre gli sprechi.

Quando il ferro incontra materiali diversi, recuperati da antichi edifici e rigattieri: vecchie assi di legno, listelli di porte ottocentesche o di casolari, la sfida è combinarli armoniosamente, in oggetti di riuso che raccontano storie e abitano nuove dimore evocando il ricordo di luoghi che non sono più.

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